Ultima modifica: 5 Ottobre 2014

L’AMACA del 03/10/2014 (Michele Serra).

LE IMMAGINI del rifugio antiaereo scoperto a Torino sotto l’asfalto di una piazza sono, al colpo d’occhio, remotissime. La patina nera del tempo le apparenta a reperti archeologici, tombe, loculi disseppelliti dopo secoli o millenni. Eppure in quelle catacombe correvano a rifugiarsi, al suono delle sirene, molti che sono ancora vivi. I nostri nonni allora giovani, i nostri genitori bambini o ragazzi. Sopra di loro i botti delle bombe, le case che cadevano, il lamento dei feriti, il silenzio dei morti, la guerra, la fame e la paura. Cercate quelle immagini, guardatele (Repubblica.it) e se siete di cattivo umore considerate a quali prove non i sumeri o gli achei, non i mori e i crociati, ma i nostri padri e madri sono stati sottoposti (e altri popoli ad altre latitudini ancora oggi, proprio adesso).

 La memoria dovrebbe servirci anche a questo, misurare la fortuna di essere vissuti in tempo di pace e in Europa. All’età in cui mio padre era prigioniero in Africa, a pulire i treni per conto degli inglesi e grazie a Mussolini, io andavo all’università, ascoltavo i Beatles e facevo all’amore. Colpa vera e grave di noi occidentali benestanti è non essere riusciti a spiegare ai figli in quali tempi beati, beatissimi ci tocca vivere, noi e loro. In quei rifugi si devono portare i ragazzi delle scuole, che vedano e capiscano. Che sorridano alla loro fortuna.

Da La Repubblica del 03/10/2014.

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