Ultima modifica: 28 Dicembre 2015

Nella scuola Gandhi dove festeggiano Natale, Capodanno cinese e Ramadan

Viaggio nell’istituto alla periferia del capoluogo toscano che ha il 49% di iscritti «non italiani» ed è diventato negli anni un modello di integrazione. «La nostra ricetta? Valorizzare la ricchezza delle culture di cui ciascun alunno è portatore»

di Sara Piccolo

Mentre le famiglie italiane, la politica e i media sembrano preoccupati a comprendere cosa vuol dire avere bambini e ragazzi immigrati nelle nostre scuole, all’Istituto Gandhi di Firenze si sperimenta da anni l’educazione inclusiva in classi con il 49% di alunni «non italiani». Siamo alle Piagge, la zona nord-ovest della città con maggior tasso d’immigrazione, dove la presenza della comunità cinese è fortissima e per chi entra la prima volta nelle classi del Gandhi l’impatto è fortissimo: un vero spaccato delle etnie del mondo (cinesi il 25%, est europei, asiatici, rom…).

 

Fare insieme

 «Nella nostra scuola è scontato il termine “inclusione”», così esordisce la dirigente Silvia Di Rocco che insieme a Carlo Testi (ex dirigente in pensione, ma che continua a collaborare con la sua scuola come facilitatore-esperto) raccontano la quotidianità dell’Istituto, fatta dell’esperienza dei bambini della scuola primaria e dei ragazzi della secondaria di primo grado, che da più di 15 anni vivono in classi multiculturali. La dirigente mette subito in chiaro che la volontà di tutti è che sia la scuola del quartiere, vissuta da anni come centro di ricerca educativa, il luogo dove ognuno può trovate ciò che è utile. Il percorso pedagogico è basato sul principio del «fare insieme», che prevede una didattica attenta a sviluppare le potenzialità di ogni alunno, un approccio sperimentale in continua evoluzione. Molti genitori italiani sono convinti che la presenza di alunni «non italiani» possa nuocere all’apprendimento dei propri figli. Eppure l’esperienza quindicennale dell’istituto Gandhi smentisce le preoccupazioni.

 

Finestre interculturali

 Come si fa a gestire classi apparentemente così complesse? «Non è magia – rispondono alternandosi la dirigente Di Rocco e il professor Testi -, abbiamo dei punti fermi su cui ruota la didattica, una sorta di bussola per navigare sicuri nel ricco e variegato mare delle culture extraeuropee. La crescita in un contesto interculturale è per la comunità scolastica sempre e solo un’opportunità, anzi è considerata un diritto di tutti, e non uno sforzo per venire incontro alle esigenze di alcuni. La logica di base è essere cittadini del mondo e di conseguenza tutte le occasioni sono buone per creare scambi di esperienze. Le “finestre interculturali”su ogni disciplina ci permettono di aprire varchi di conoscenza sul mondo. Inoltre, il plurilinguismo è fortemente incoraggiato come punto di forza e di ricchezza a disposizione di tutti, incentivando i ragazzi e le famiglie ad insegnare la propria lingua madre secondo il principio: “io insegno tu insegni”, partendo dalla convinzione di “fare insieme” e che “si può imparare da tutti”. Con l’obiettivo chiaro di far emergere la positività di ciascun alunno/a e di valorizzare la propria cultura d’origine».

 

Life skills (competenze di vita) e diari di bordo

 Il focus è posto anche sugli insegnanti che sono preparati a utilizzare sempre e quotidianamente le «life skills» (competenze di vita), per stimolare i ragazzi ad un’interazione dinamica e creativa. Le «life skills» sono il perno su cui ruota la didattica della scuola, sono vissute come un diritto di tutti. L’idea è nata 15 anni fa quando ancora non era così diffusa la presenza di alunni «non italiani». I docenti sono chiamati a documentare la loro attività tramite i «diari di bordo». L’innovazione didattica e la ricerca connotano l’approccio della scuola che stimola i docenti a una costante auto riflessione e un continuo confronto con i colleghi più esperti, con lo scopo di affinare le proprie capacità d’insegnare. Il collegio docenti ogni anno predispone un piano specifico per i nuovi docenti a cui vengono offerte alcune ore di formazione per potersi integrare al meglio in un ambiente scolastico innovativo e per comprendere bene le linee d’indirizzo generali.

 

Natale, Capodanno cinese e Ramadan

 L’Istituto Gandhi è stata la prima scuola italiana, fra le primarie e le secondarie di primo grado, ad avviare scambi internazionali con la Cina e altri Paesi, che continuano ad essere parte integrante della formazione didattica e che aiutano i ragazzi a promuovere spontaneamente l’inclusione. L’educazione inclusiva è un costante processo di miglioramento della scuola, volto a sfruttare le risorse esistenti, specialmente le risorse umane, per sostenere la partecipazione all’istruzione di tutti gli studenti all’interno di una comunità. Non si basa sulla misurazione della distanza da un preteso standard di adeguatezza, ma sul riconoscimento del valore delle differenze, considerate una risorsa per l’educazione. Il Natale, il Capodanno cinese e il Ramadan si condividono come tradizioni culturali e non come culto. I rapporti con le famiglie sono improntati sulla fiducia e la collaborazione, e anche quest’anno fra i rappresentanti ci sono genitori cinesi (aiutati dalla presenta di un mediatore culturale). Un’ultima considerazione prima di salutare i dirigenti e alcuni insegnanti: nella scuola si respira fiducia, motivazione e positività, gli ingredienti più importanti per l’apprendimento e l’inclusione interculturale.

 

21 dicembre 2015

http://www.corriere.it/scuola/medie/15_dicembre_21/scuola-istituto-gandhi-firenze-multiculturale-studenti-stranieri-non-italiani-97e9e530-a7ca-11e5-927a-42330030613b.shtml

 

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