Ultima modifica: 14 Luglio 2013

L’AMACA del 14/07/2013 (Michele Serra).

“Felicità è la parola migliore per definire quel composto di emozioni che il discorso della ragazza Malala all’Onu ha suscitato nelle persone di buona volontà. Il giusto che resiste all’ingiusto, l’inerme che sopravvive alla violenza, la libertà che beffa la tirannia, l’amore per i libri che ha la meglio sull’idolatria del Libro, Malala è tutto questo. Ma è anche, e forse soprattutto, la più straordinaria testimonial immaginabile della cultura come fondamento della dignità umana. Impedire alle donne di studiare è una mutilazione non solamente delle donne, come credono i feroci dementi che le hanno sparato. È una mutilazione dell’umano in assoluto, l’umano che prende forma a partire dalle prime domande che i nostri remoti avi cominciarono a farsi (compresa la domanda religiosa), dalla curiosità, dall’intelligenza, dall’ansia di imparare e imparando diventare migliore. La storia di Malala ha una potenza simbolica impareggiabile. Se non fosse scaturita, per fatalità, dall’errore di mira di un killer maldestro, e poi dalla maestria della chirurgia, parrebbe architettata da un Dio buono e potente contro i blasfemi che ne usurpano il nome.”

Da La Repubblica del 14/07/2013.

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